Il governo allenta il freno sui biocarburanti, con il 2023 arriveranno in Italia anche quelli venduti in purezza, ma il quantitativo sarà inferiore a quanto stabilito all’inizio: 300mila tonnellate invece di 500mila. In ogni caso l’obiettivo resta quello fissato dall’UE: entro il 2030 almeno il 16% dei carburanti deve provenire da fonti rinnovabili. Una quota importante, ma ancora minoritaria, prima di sostituire del tutto i carburanti fossili sarà necessario risolvere una serie di problemi.
Cosa sono i biocarburanti
I biofuel sono quei carburanti che non provengono dal petrolio, ma che sono interamente ricavati da fonti vegetali, biomasse, o olii di riciclo. Attualmente, tutti i carburanti venduti in Italia ne contengono una piccola quota – tra il 5 e il 10% – che viene miscelata al combustibile fossile. In altri Paesi si raggiungono percentuali anche più alte, ad esempio la benzina E85 è comporta per l’85% da etanolo di origine vegetale. Ma possono essere usati anche in purezza, il diesel XT ad esempio è interamente prodotto grazie alle biomasse.
I vantaggi per l’ambiente sono fuori discussione. Un’auto alimentata con questi carburanti emette la metà dell’ossido e biossido di carbonio, e addirittura non sprigiona diossido di zolfo e polveri sottili. Rispetto al diesel normale, il biodiesel determina però maggiori emissioni di ossidi di azoto.
Chiaramente, non tutte le auto possono usare i biofuel, il problema c’è soprattutto per i motori di una certa età: il biocarburante potrebbe formare dei residui che nel lungo periodo ostruiscono le linee di alimentazione. Invece, le auto di ultima generazione – tendenzialmente tutte le Euro5 e le Euro6 – sono già predisposte per usare i biocarburanti in purezza. Inoltre, i biocarburanti possono essere utilizzati anche per alimentare le caldaie per il riscaldamento, i mezzi di trasporto pesanti e persino i motori degli aeroplani.
Gli obiettivi della direttiva RED II
La direttiva UE RED II (2018/2001) e il decreto legislativo 2021 n. 199 che le ha dato attuazione in Italia prevedono che entro il 2030 almeno il 16% dei carburanti in commercio – in purezza e non – sia composta da biofuel.
Per quanto riguarda l’Italia, se si fa riferimento ai soli diesel e benzina, sempre nel 2021 il consumo complessivo di carburanti ha superato di poco i 30 milioni di tonnellate. Con la crescente diffusione delle auto ibride e elettriche, e dei mezzi di mobilità alternativa, i consumi di carburante stanno calando e di qui al 2030 scenderanno ulteriormente. Ma se prendiamo come riferimento quel dato di 30 milioni di tonnellate, vuol dire che entro il 2030, l’Italia dovrà mettere in commercio circa 5 milioni di tonnellate di biocarburanti.
I carburanti green possono rappresentare un buon compromesso
Per accelerare il processo, il governo Draghi con il decreto Energia del marzo 2022 ha stabilito che dal 2023, i produttori italiani raffinino almeno 500mila tonnellate di biocarburanti in purezza – quindi non miscelati con i fossili – ogni anno. Ma secondo Roberto Cingolani, che all’epoca era ministro per la Transizione Ecologica, si doveva puntare molto più in alto, e raggiungere in anticipo gli obiettivi fissati con la direttiva europea Red II. Quel decreto era solo il primo passo.
Era necessario infatti – e lo è tuttora – ampliare il portfolio energetico, anche per “rilassare una pressione importante, perché oggi un motore diesel può funzionare con questi carburanti inquinando molto di meno”. Ma poi, se siamo in grado di ridurre in maniera drastica l’impatto ambientale dei motori a scoppio, forse possiamo utilizzarli un po’ più a lungo, e attuare con maggiore cautela altre transizioni che rischiano di provocare bruschi contraccolpi.
“Un compromesso”, Cingolani non ne faceva mistero. Ma un compromesso che potrebbe anche permettere di rinviare la data del 2035, entro cui l’Unione Europea vorrebbe mettere al bando i motori a combustione. Quella data “è solamente indicativa”, sosteneva l’ex Ministro, e l’Italia – insieme a altri Stati membri – ha chiesto ufficialmente di arrivare almeno fino al 2040.
Il decreto Aiuti Quater
Il decreto Aiuti Quater – che è attualmente in fase di conversione, ma che non dovrebbe subire cambiamenti – prevede una partenza più soft per i biocarburanti in purezza. Ma poi non perde di vista l’obiettivo finale. Riduce infatti a 300mila tonnellate la quota che deve essere messa in commercio nel 2023. Il quantitativo però dovrà crescere di 100mila tonnellate ogni anno, fino a raggiungere il milione entro il 2030. Lo stesso decreto poi riconosce degli incentivi per convertire le raffinerie, e quindi aumentare la produzione nazionale.
Diversi operatori lo stanno già facendo. Per quanto riguarda l’aviazione in particolare, la Eni ha avviato i progetti per potenziare le raffinerie di Porto Marghera e di Gela. Questi impianti producono già un semilavorato che poi viene trasportato a Livorno dove subisce gli ultimi processi di trasformazione. L’obiettivo è fare in modo che le raffinerie in Veneto e in Sicilia siano in grado di svolgere l’intero processo. Il che porterebbe la produzione di biocarburanti fino a 2 milioni di tonnellate l’anno entro il 2025 e a 6 milioni di tonnellate entro il 2050.
Per sostituire completamente i combustibili fossili ci vorrà del tempo
Per diverso tempo tuttavia i biofuel conviveranno con i combustibili fossili. Non si tratta solamente di superare dei problemi contingenti come l’età del parco auto in circolazione. Bisogna anche considerare che l’attuale produzione di biomasse e olii di scarto non è sufficiente a soddisfare l’intera richiesta di biocarburanti.
Secondo la statunitense EPA (Environmental Protection Agency) la fonte migliore per produrre biocarburanti sono gli olii vegetali di scarto. I quantitativi di questa risorsa tuttavia sono insufficienti di per sé, e vengono oltretutto utilizzati anche dall’industria cosmetica. Per i biocarburanti si fa quindi ricorso a altre fonti vegetali, come i semi di girasole, il colza e ultimamente anche l’olio di ricino.
Alcune di queste coltivazioni però hanno un certo impatto ambientale, possono provocare ad esempio una maggiore erosione del suolo. Inoltre, attualmente la produzione di biofuel è nella maggior parte dei casi più costosa dell’estrazione e della raffinazione del petrolio. Anche per questo in Italia è stata a lungo detassata, altrimenti non sarebbe stata competitiva.